Papardura
“così andando alla grotta di Papardura oh! Quanti ciechi ebbero la vista, quanti sordi l’udito, quanti muti la loquela, quanti paralitici lasciarono i bastoni, quanti zoppi raddrizzati, quanti infermi abandonati dalli medici intandosi con voglio delle lampadi e pietre della grotta del santissimo Crocifisso ricevevano la pristina salute”.
9° Rassegna Fanciullo e Folklore 2014.
Documentario Etnografico.
In occasione della manifestazione de "Il Fanciullo e il Folklore - Incontro con le nuove generazioni" è stato imbastito un concorso a premi per la ricerca, con la creazione di documentari cinematografici, della durata massima di 15 minuti, inerenti al patrimonio etnografico nazionale ed internazionale.
Nel 2014 il tema scelto fu "Pellegrinaggi e fiere nella religiosità popolare" e il Gruppo Folk Kòre di Enna vi partecipò con il progetto: "Il Santuario del S.S. Crocifisso di Papardura"
Il Santuario del S.S. Crocifisso di Papardura, ha un’antica tradizione che affonda le radici nel 1659, quando una lastra di roccia si staccò dalla montagna e si aprì il varco per una grotta dove fu ritrovato un Crocifisso dipinto su una lastra di pietra, risalente alla dominazione araba in Sicilia, quando fu imposto ai cristiani il culto di Allah o nascosta dai fedeli durante la persecuzione di Leone III L’Isaurico e poi ritrovata nel 546.
Papardura, nome dato dagli arabi, significa “sorgente”, forse da papar- acqua e dura-roccia, località di acque perenni e abbondanti. La Chiesa fu costruita su un terrapieno a ponte, sovrastato da una rupe, su cui giganteggia il caratteristico Calvario che segna la fine di un percorso dove sono segnate tutte le stazioni della via Crucis e conseguentemente la stradina per raggiungere il Santuario.
Secondo le cronache del tempo già nel 1693, fedeli e pellegrini, non solo ennesi, andavano a fare “u viaggiu o’Signuri” venivano a piedi e anche scalzi da Leonforte, Assoro, Agira, ma anche Ganci, Alcamo, Caltanissetta ecc, perché “u’Crucifissu i Papardura è miraculusu” dicevano. Testimonianze di guarigioni e miracoli indussero le autorità civili ed ecclesiastiche con un congruo aiuto del popolo (5000 scudi) a edificare la Chiesa ed a incorniciare la pregevole Crocifissione che era dipinta sul muro della caverna.
Nel 1693 per la forte siccità, fu invocata “la pioggia” dai contadini, dai possidenti e braccianti di tutto il circondario che, quasi in processione, andarono a pregare a Papardura, grande sorgente, con la promessa che se la carestia fosse finita, avrebbero distribuito a pellegrini e poveri, delle piccole “cuddureddi” biscottate, benedette, con la speranza di un raccolto abbondante.
Quell’anno la terra diede tanta abbondanza di grano che non bastarono i granai a contenerlo e ne fu anche conservato negli oratori delle Confraternite che erano colmi, a disposizione di tutti. I “cuddureddi”, sancirono una devozione, da allora praticata dalla “Deputazione dei Massari”, (famiglie di possidenti terrieri) che a turno nei giorni 13/14 Settembre, Festa del S.S. Crocifisso, ringraziano e scongiurano le carestie.
Da sempre c’è il ricordo del suono della ciaramedda, strumento musicale tradizionale dei massari, per sancire questo momento di festa anche nelle campagne circostanti.